Arco Consumatori, in collaborazione con il Prof. Avv. Notaio Pietro Zanelli presenta questa nuova Guida operativa

Gli ultimi mesi ci hanno insegnato che nell’epoca globale tutto è più veloce, frenetico, e questa forzata pausa di riflessione dai nostri ritmi ci ha ricordato di non dare tutto per scontato e a prenderci i nostri spazi. Ecco una breve guida per gestire il proprio patrimonio nel post emergenza.

La sospensione dei mutui per l’abitazione principale
Dal 30 marzo è possibile presentare le domande di sospensione delle rate del mutuo per l’abitazione principale per chi attraversa un momento di difficoltà dovuto all’emergenza coronavirus. Ai sensi di quanto previsto dall’ultimo decreto “Cura Italia” si è prevista la possibilità, per i prossimi nove mesi, di congelare le rate del mutuo per i lavoratori autonomi ed i liberi professionisti che abbiano avuto un calo del fatturato di almeno un 30% rispetto all’ultimo trimestre del 2019; successivamente si è estesa la sospensione anche ai lavoratori dipendenti e parasubordinati che hanno subito la sospensione dal lavoro o la riduzione dall’orario
lavorativo per almeno 30 giorni (lavorativi consecutivo) in seguito all’emergenza coronavirus, ed infine, con la legge di conversione, arrivano ulteriori estensioni: sono coperti i mutui per l’acquisto dell’abitazione principale fino a 400.000 euro di capitale erogato, sono inclusi anche i mutui che hanno beneficiato del
Fondo di garanzia prima casa ed anche quelli che hanno iniziato l’ammortamento da meno di un anno.
La sospensione dei termini per le agevolazioni Prima Casa Le misure introdotte per affrontare l’emergenza Coronavirus sono varie e riguardano molteplici aspetti del nostro vivere quotidiano; tra queste, di interesse per il contribuente è l’art. 24, D.L. 8 aprile 2020, n. 23 (D.L. avente a oggetto misure urgenti in materia economica, interventi in materia di salute e lavoro, proroga di termini amministrativi e processuali), il quale mira a congelare i termini riguardanti la c.d. agevolazione prima casa e il riconoscimento del credito di imposta per il riacquisto di una prima casa.
Il legislatore, consapevole delle misure restrittive imposte dalla legge a causa dell’emergenza sanitaria, ha sospeso dal 23 febbraio 2020 al 31 dicembre 2020 i seguenti termini:
– il termine di 18 mesi per il trasferimento della residenza da parte dell’acquirente nel comune in cui è situata l’abitazione: quindi, nel caso l’acquisto sia avvenuto in data anteriore al 23 febbraio, il termine è sospeso fino a fine anno e ricomincia a decorrere dal 1° gennaio 2021; nel caso, invece, l’acquisto avvenga da oggi a
fine anno il termine comincia a decorrere dal 1° gennaio 2021 e il cambio di residenza dovrà avvenire entro il 30 giugno 2021;- il termine di 1 anno per riacquistare una prima casa, quando si è venduta una prima casa prima del decorso dei 5 anni dal suo acquisto: quindi, se la vendita è avvenuta in data anteriore al 23 febbraio, il termine è sospeso e ricomincia a decorrere dal 1° gennaio e conseguentemente il contribuente avrà oltre 10 mesi e qualche giorno in più per poter acquistare una nuova abitazione; nel caso, invece, la vendita avvenga da oggi a fine anno, il termine decorre dal 1° gennaio 2021 e l’acquisto dovrà avvenire entro la fine dell’anno 2021;
– il termine di 1 anno per vendere la prima abitazione “prima casa”, quando il contribuente ha acquistato una seconda abitazione “prima casa” obbligandosi a vendere la prima nel termine annuale appena citato: quindi se l’acquisto è avvenuto in data anteriore al 23 febbraio, il termine è sospeso e ricomincia a decorrere dal 1° gennaio e, conseguentemente, il contribuente avrà oltre 10 mesi e qualche giorno in più per poter vendere la sua abitazione; nel caso, invece, l’acquisto avvenga da oggi a fine anno, il termine decorre dal 1° gennaio 2021 e la vendita dovrà avvenire entro la fine dell’anno 2021;
– infine, è sospeso il termine di 1 anno relativo al credito di imposta usufruibile nel caso di riacquisto di una prima casa di abitazione entro 1 anno dalla vendita di un’abitazione acquistata con le agevolazioni prima casa: quindi, se la vendita è avvenuta in data anteriore al 23 febbraio, il termine è sospeso e ricomincia a
decorrere dal 1° gennaio e, conseguentemente, il contribuente potrà usufruire del credito entro 10 mesi e qualche giorno nel caso di acquisto di una nuova abitazione; nel caso, invece, la vendita dell’attuale immobile avvenga da oggi a fine anno, il termine decorre dal 1° gennaio 2021 e il credito potrà essere
usufruito entro la fine dell’anno 2021. Secondo la Circolare 9/E, emanata dall’Amministrazione Finanziaria in data 13 aprile 2020, la sospensione
dei termini non è applicabile quando porta pregiudizio al contribuente e ciò avviene nei seguenti casi:
– per il termine di 5 anni, che deve essere rispettato al fine di rivendere la casa nel caso in cui non si ricompri entro un anno: in altre parole, il contribuente dovrà rispettare i 5 anni dall’acquisto senza che la sospensione dei termini qui descritta comporti un aggravio;
– per il termine di 1 anno per cui il credito di imposta si porta in diminuzione alla presentazione della dichiarazione successiva all’acquisto.

Il nuovo Superecobonus e Supersismabonus al 110%
Il legislatore ha previsto diciotto mesi per rendere le nostre case più green nei consumi energetici e più sicure dal punto di vista sismico senza spendere nulla, anzi recuperando anche più di quanto speso. Sulla carta quella offerta dal decreto rilancio con il super ecobonus, che prevede un vantaggio fiscale del 110% sotto
forma di detrazioni Irpef spalmate in cinque anni, è un’occasione da non perdere: il termine va dal 1° luglio prossimo, data di entrata in vigore del decreto Rilancio, al 31 dicembre 2021. Ma il vero vantaggio sta nel poter far realizzare i lavori con fattura a zero: il contribuente potrà interamente cedere il proprio credito di imposta all’impresa che realizzerà i lavori la quale potrà a sua volta decidere se tenere il credito di imposta per sè o cederlo ad una banca che coprirà il 100% dei lavori effettuati. Gli interventi che rientrano nel nuovo superbonus sono solo in parte sovrapponibili a quelle dell’ecobonus già in vigore. Sono agevolati in primo luogo le opere di coibentazione dell’edificio che riguardino oltre il 25% dell’immobile, con un tetto massimo di spesa di Euro 60mila per singola unità immobiliare (significa
che in condominio si potrà spendere anche molto di più, i 60mila euro sono riferiti alla spesa del singolo condòmino).
Il tetto di spesa scende a 30mila euro, sempre per singola unità abitativa, per la sostituzione in condominio (N.B.: non si ha diritto all’agevolazione se si installa un impianto dove non c’era) degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti centralizzati per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria a condensazione, con efficienza almeno della classe A .
E’ prevista una spesa sempre di 30mila euro per la sostituzione nelle case unifamiliari degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria a pompa di calore. I tetti di spesa si riferiscono alle singole categorie di intervento. Significa
che se si effettua la coibentazione dell’edificio e si sostituisce l’impianto di riscaldamento si potrà ottenere il bonus su 90mila euro (60mila+30mila).
Ma attenzione: per poter ottenere il superbonus è necessario che i lavori apportino un miglioramento di almeno due classi energetiche o che in alternativa il miglioramento sia il massimo tecnicamente raggiungibile.
Ha diritto al superbonus anche l’installazione di impianti fotovoltaici, con un tetto massimo di spesa di 48mila euro per edificio (e non per contribuente) purché l’intervento sia effettuato contestualmente alle altre opere agevolate. L’energia autoprodotta non consumata deve essere ceduta al GSE.
Ci sarà la detrazione al 110% anche per l’installazione di colonnine di ricarica delle vetture elettriche e per tutti gli interventi di efficientamento energetico previsti dall’ecobonus attualmente in vigore (schermi solari, infissi ecc) sempre però se rientrano nell’ambito di interventi che hanno diritto al superbonus. Se ad esempio
si effettua la coibentazione dell’edificio e si cambiano anche gli infissi tutta la spesa viene agevolata al 110%.
E’ previsto il superbonus anche per le opere rientranti nel sismabonus. La norma oggi in vigore prevede aliquote differenziate a seconda che l’intervento consenta di migliorare le prestazioni di una o due classi di rischio sismico, ora l’aliquota viene unificata al rialzo tutte al 110%. Qualora non si riesca a rientrare nel superbonus si può sempre pensare al bonus del 50%, del 65% o del 90% previsto nelle precedenti normative in materia.

La successione testamentaria
Il testamento è un atto con cui taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, delle proprie sostanze (Art. 587 c.c.). Vige il principio della revocabilità del testamento, in quanto la ratio legis è la tutela ai massimi livelli della voluntas del testatore, che deve essere libera e incondizionata. Per questo motivo è fatto divieto di testamenti congiuntivi (art. 589 c.c.), reciproci (si veda Cass. 5 aprile 2012 n. 5508) e anche di patti successori (art. 458 c.c.). È un negozio unilaterale, non recettizio e personale: divieto del testamento per procura. Se il testamento è un atto personalissimo, ne segue che esso non possa essere fatto dal rappresentante, sia
egli legale o volontario. È, perciò, necessaria la capacità di agire (art. 2 c.c.). Tuttavia, il testamento fatto da un incapace è annullabile (art. 591 c.c.) su domanda di chiunque vi abbia interesse, ma l’azione si prescrive nel termine di cinque anni dall’esecuzione del testamento. Le forme dei testamenti si suddividono in:
• I testamenti scritti di pugno dal testatore: il testamento olografo (art. 602 c.c.);
• I testamenti per atto di notaio: il Testamento pubblico (art. 603 c.c.) ed il Testamento segreto (artt. 604 – 605 – 607 – 685 c.c.) (nella pratica mai utilizzato).
Il testamento olografo è, insieme al testamento pubblico, la tipologia di testamento più diffusa. È necessario che sia redatto in forma scritta, scritto per intero, datato con l’indicazione del giorno, mese ed anno, e sottoscritto di mano del testatore.
A differenza degli altri due tipi di testamento, non è un atto pubblico, ma una semplice scrittura privata. Ciò fa sì, che esso, a differenza degli altri tipi, faccia prova non fino a querela di falso, ma solo in quanto venga riconosciuto dalla parte contro cui si esibisce (art. 2702 c.c.). Questo comporta che esso è più facilmente impugnabile dai soggetti che abbiano interesse alla sua inefficacia. Ne consegue che, nel caso in cui venga proposta azione di disconoscimento della sottoscrizione,
l’onere della prova incombe su chi intenda far valere un diritto che gli è stato attribuito in forza di quel testamento. Anche la data può essere impugnata per far valere la sua falsità. Tale accertamento è però limitato alle ipotesi in cui si ponga una questione da decidersi in base al tempo in cui il testamento fu redatto (si pensi all’ipotesi in cui si voglia far valere l’incapacità di disporre del testatore all’epoca della testamenti factio, o ancora all’ipotesi in cui il testamento fu redatto prima di un altro testamento). Il testamento pubblico è ricevuto dal notaio in presenza di due testimoni. È un atto pubblico (farà prova fino a querela di falso): il testatore dichiara la sua volontà, che viene ridotta per iscritto dal notaio. Deve essere sottoscritto dal testatore, dai testimoni e dal notaio. Qualora il testatore non possa o non sappia sottoscrivere, il notaio farà menzione della causa. Tutti i testamenti hanno pari valore, indipendentemente dalla tipologia prescelta, sicché, in ipotesi, un
testamento olografo potrebbe revocare quello fatto per atto di notaio e viceversa. La volontà del testatore incontra dei limiti imposti dalla legge.
La successione dei legittimari – Se è vero che il nostro ordinamento dà priorità alla disposizione testamentaria, è, del pari, vero, però, che il testatore non può andare a disporre di quella quota mobile che l’ordinamento riserva ai legittimari (detta quota necessaria o legittima). Ciò avviene in quanto è necessario contemperare i due fondamentali diritti di facoltà di disposizione delle proprie sostanze da un lato, e di tutela della famiglia, dall’altro.
I legittimari sono soggetti ricompresi nel nucleo familiare del de cuius inteso nel senso più stretto possibile, e sono principalmente il coniuge e i figli. Solo qualora il testatore non lasci figli, succedono in concorso con il coniuge anche gli ascendenti. La quota di legittima varia in base al concorso di tali soggetti, ma è previsto che, in ogni caso, la quota di cui il testatore può liberamente disporre, non potrà mai essere inferiore ad un quarto del suo patrimonio. Se quanto abbiamo detto è vero, è vero anche che, però, la disposizione testamentaria che intacchi la quota indisponibile (quella riservata ai legittimari) non è invalida per ciò solo, anzi è pienamente valida. Può, però essere invalidata tramite l’esperimento vittorioso dell’azione di riduzione. Dalla successione necessaria deve essere tenuta distinta la successione legittima. Entrambe trovano la propria fonte nella legge, ma, a differenza della successione necessaria (artt. 536 ss. c.c.) che presuppone una disposizione testamentaria (o donativa) lesiva, la successione legittima si apre quando manca, in tutto o in parte, una disposizione testamentaria (art. 457 c.c.).
La successione legittima – Nella successione legittima i soggetti che succedono sono più ampi di quelli che succedono per successione necessaria, in quanto non sono limitati a coniuge, figli e ascendenti, ma rientrano anche i parenti in linea retta e in linea collaterale fino al sesto grado (art. 565 c.c) e l’ultimo successibile è rappresentato dallo Stato (art. 586 c.c.).
La successione del coniuge:
• Al coniuge spetta metà del patrimonio se concorre con un solo figlio (al quale spetta l’altra metà); un terzo del patrimonio se concorre con due o più figli (i restanti due terzi si dividono in parti uguali tra i figli); due terzi del patrimonio se concorre con ascendenti legittimi (genitori, nonni) o con fratelli e sorelle del defunto; in mancanza dei soggetti sopra indicati, l’intero patrimonio ereditario.
• Al coniuge è equiparato il coniuge putativo.
• Al coniuge, dopo la L. 20 maggio 2016 n. 76, è equiparato l’unito civilmente. Non però il convivente, il quale non ha titolo per venire alla successione se non per disposizione testamentaria.
• Il coniuge ha dritto anche ad un legato obbligatorio ex lege di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare, se di proprietà del defunto o comune e di uso sui mobili che la corredano (art. 540 c.c.).
• Il coniuge separato ha gli stessi identici diritti del coniuge non separato, salva l’ipotesi in cui gli sia stata addebitata la separazione. In quest’ultimo caso può avere diritto solo a un assegno vitalizio (art. 548 c.c.) (quantificato in base al patrimonio e alla quantità e qualità degli eredi), se godeva degli alimenti al momento della morte del defunto.
• Il coniuge divorziato non può invece vantare alcun diritto sui beni lasciati dall’ex marito o dalla ex moglie, salvi eccezionali casi in cui versi in stato di bisogno e possa ottenere per questo un assegno a carico dell’eredità. Tale assegno è previsto dagli artt. 5, comma sesto, e 9 bis della L. 898/1970 e non è però automatico. È necessario, infatti, un decreto del presidente del tribunale del luogo dell’apertura della successione. I presupposti sono lo stato di bisogno del coniuge superstite
divorziato e il fatto che questi già godesse, al momento dell’apertura della successione, di un assegno di mantenimento a carico del coniuge deceduto.
La successione dei discendenti:
• Dopo la riforma della filiazione, avutasi con D.lgs. 28 dicembre 2013 n. 154, sono stati equiparati tutti i figli riconosciuti o riconoscibili, siano essi nati all’interno del matrimonio o fuori. Ai figli sono equiparati gli adottivi.
• I figli ereditano in parti uguali e, se premorti al defunto o rinuncianti, opera l’istituto della rappresentazione (art. 467 c.c.). Questo perché oggi, dopo la riforma, a differenza di quanto previsto in passato, si crea il vincolo di parentela anche tra i figli nati fuori dal matrimonio e i parenti del genitore. I figli possono concorrere nella assegnazione dei beni relitti solo con il coniuge, secondo le quote sopra indicate. Infatti, la loro presenza esclude dalla successione tutti gli altri parenti, compresi i genitori e i fratelli o le sorelle del defunto.
• Una disciplina particolare è prevista a tutela dei concepiti, che vengono inclusi dalla legge tra i possibili successori. Perché ciò avvenga è però necessario che il concepimento sia già avvenuto al momento della morte del defunto e che il concepito venga poi effettivamente in vita. Si presume già concepito il bambino che nasca entro trecento giorni dalla morte del defunto. È una presunzione di carattere relativo, in quanto è fatta salva la possibilità di fornire prova contraria.
• Il non concepito può venire a successione solo per successione testamentaria.
La successione dei genitori:
• Gli ascendenti e i fratelli o le sorelle succedono solo se il defunto non ha lasciato figli (art. 538 c.c.). Ereditano gli ascendenti di pari grado in parti uguali (art. 568 c.c.)
• In caso di assenza o rinuncia dei genitori ereditano i nonni, per metà dal lato paterno e per l’altra metà dal lato materno.
• Se oltre ai genitori ci sono fratelli e sorelle, questi ultimi concorrono con i genitori del defunto, ma metà del patrimonio è senz’altro riservata ai genitori o all’unico genitore superstite. La metà residua si ripartisce tra i fratelli e le sorelle in parti uguali. Se mancano i fratelli o le sorelle (o rinunciano), prendono i loro posto i rispettivi figli. Ai fratelli e alle sorelle unilaterali (che hanno in comune con il defunto solo uno dei genitori) spetta metà della quota normalmente riservata ai fratelli e le sorelle.
• A colui che muore senza lasciare prole, né genitori, né fratelli o sorelle o loro discendenti, succedono per una metà gli ascendenti della linea paterna e per l’altra metà gli ascendenti della linea materna. Se però gli ascendenti non sono di eguale grado, l’eredità è devoluta al più vicino senza distinzione di linea (art. 569 c.c.).
La successione di parenti entro il VI grado e lo Stato:
Se mancano coniuge, discendenti, ascendenti, fratelli o sorelle, il patrimonio viene attribuito agli altri parenti fino al sesto grado, secondo il principio per cui il più vicino esclude il più lontano, mentre quelli di pari grado ereditano in parti uguali (art. 572 c.c.). In mancanza di altri successibili, l’eredità è devoluta allo Stato.
L’acquisto si opera di diritto senza bisogno di alcun atto di accettazione e non può farsi luogo a rinunzia. Lo Stato non risponde dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni acquistati (art. 586 c.c.). Acquista, dunque, come se avesse fatto un atto di accettazione con beneficio di inventario. L’accettazione dell’eredità – Fatta eccezione per lo Stato, che acquista l’eredità automaticamente, a differenza del legato, che si acquista salvo rinunzia, l’eredità si acquista con un atto di accettazione, che produce effetto retroattivo al momento dell’apertura della successione (art. 459 c.c.). L’accettazione può essere espressa (art. 475 c.c.), tacita (art. 476 c.c.), ovvero presunta (esempio artt. 485 – 487 c.c.). L’eredità può essere accettata puramente e semplicemente, o con beneficio di inventario.
L’accettazione con beneficio di inventario può farsi nonostante qualunque divieto del testatore (art. 470 c.c.).
Ci sono soggetti che sono obbligati ad accettare con beneficio di inventario (Artt. 471-472-473 c.c.) e soggetti che hanno solo un onere di accettare con beneficio (art. 485 c.c.). L’accettazione con beneficio di inventario prevede cinque fasi:
1. Una dichiarazione formale – ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del luogo di apertura della successione – di accettazione dell’eredità con beneficio di inventario;
2. L’inserzione della dichiarazione formale nel Registro delle Successioni conservato presso il tribunale del circondario in cui si è aperta la successione;
3. La trascrizione della dichiarazione formale di accettazione con beneficio di inventario entro un mese dall’inserzione presso l’ufficio dei Registri Immobiliari del luogo di apertura della successione;
4. La redazione dell’inventario. La dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario può essere preceduta o seguita dalla redazione dell’inventario redatto ai sensi degli artt. 769 – 777 c.p.c. e 52 – 161 – 192 disp. att. c.p.c.;
5. La pubblicità dell’inventario: deve aversi inserzione dell’inventario nel Registro delle Successioni.
Nell’ipotesi in cui l’inventario sia stato redatto dopo la dichiarazione, l’ufficiale pubblico che lo ha redatto deve, entro un mese, inserire nel Registro delle Successioni l’annotazione della data in cui esso è stato compiuto (art. 484, comma quarto e quinto, c.c.). Infine un accenno ai lasciti a favore degli animali. Ad oggi gli animali non sono considerati dei soggetti di diritto e quindi non possono ereditare direttamente parte del nostro patrimonio. Tuttavia, si può comunque pensare a loro nelle nostre disposizioni testamentarie attraverso l’apposizione di un onere in capo all’erede prescelto, e cioè:
1.Si può nominare, con testamento, un familiare o una persona di fiducia quale erede vincolandolo all’obbligo di accudire l’animale domestico per tutta la sua vita provvedendo al suo mantenimento ed al suo benessere. Per sicurezza si può pensare a nominare un esecutore testamentario che vegli sulla reale condotta dell’erede.
2. Nominare, sempre con testamento, una associazione animalista (specificatamente indicata) come erede, destinando il patrimonio alla cura non solo dell’animale domestico, ma anche di molti altri animali bisognosi o rimasti «orfani».

Contratto di mantenimento (o Rendita vitalizia) e Donazione con onere di mantenimento
Fra gli strumenti patrimoniali legati agli immobili o ad altri beni a cui è possibile ricorrere quando si è anziani e si abbia l’esigenza di assicurarsi una vecchiaia dignitosa e serena vi sono la rendita vitalizia e la donazione con onere di mantenimento. Con la rendita vitalizia una parte conferisce all’altra il diritto di esigere la prestazione periodica del versamento di una somma di danaro o di una certa quantità di altre cose fungibili oltre ad assistenza materiale e morale vita sua natural durante. La rendita vitalizia può essere costituita a titolo oneroso, ed in tal caso la rendita sarà il corrispettivo per la cessione di un bene immobile, di un bene mobile o di un capitale; oppure può essere costituita per donazione o per testamento. Quando è costituita a titolo oneroso la forma è quella di un contratto con cui i due soggetti si obbligano reciprocamente: l’uno corrisponde periodicamente una somma di denaro (o altre cose fungibili) all’altro, ed il beneficiato dalla rendita cede al primo la proprietà (o altro diritto) di un bene mobile o immobile o di un capitale. La durata del rapporto è pertanto incerta in quanto dipendente dalla durata della vita dei due soggetti. Ma un obbligo di mantenimento economico e spirituale lo si può raggiungere anche attraverso una donazione con onere di mantenimento. Accade, infatti, di frequente che una persona anziana, per garantirsi una vecchiaia serena, decida di donare la propria abitazione ponendo un onere di assistenza e/o
mantenimento a carico del donatario. Nella “Donazione Modale” il contenuto dell’assistenza può essere il più vario e viene stabilito dal donante secondo le sue esigenze e necessità. Il donatario è tenuto all ’adempimento dell’onere ma solo entro i limiti del valore della cosa donata.
La “Donazione Modale” è un atto a titolo gratuito in cui l’onere di assistenza e/o mantenimento è un mero elemento accessorio volto a realizzare un fine aggiuntivo rispetto alla donazione, costituendo una limitazione del beneficio, volta al perseguimento di ulteriori fini del donante. L’onere di assistenza e/o mantenimento è una modalità della donazione; non deve assumere natura di corrispettivo non dovendo snaturare l’essenza di atto di liberalità della donazione.
L’onere di assistenza e/o mantenimento può essere stabilito anche a favore di un altro soggetto diverso dal donante, oppure a vantaggio della collettività. La risoluzione per inadempimento dell’onere può essere richiesta dal donante o dai suoi eredi solo se prevista nell’atto di donazione. Qualora una clausola apposta a una donazione sia prevista dalle parti non come “onere”, che costituisce per il donatario una vera e propria obbligazione, ma come condizione risolutiva, la mancata prestazione di assistenza e/o mantenimento comporta la risoluzione del contratto di donazione indipendentemente da ogni indagine sul comportamento, colposo o meno, delle parti in ordine al verificarsi dell’evento stesso.
La principale differenza tra i due contratti sta nella natura giuridica: la “Donazione Modale” è caratterizzata dallo spirito di liberalità, mentre il “Contratto di Mantenimento” è un contratto oneroso, dal quale derivano obbligazioni reciproche contrapposte tra i contraenti e nel quale sussiste un nesso di interdipendenza tra le due prestazioni. Diversa è la causa dei due contratti: lo “spirito di liberalità” nella “Donazione Modale” dove l’onere costituisce un elemento accessorio dell’atto di liberalità con il quale il donante attua un fine che si aggiunge a quello principale, senza modificarne la causa, anche quando l’onere posto a carico
del donatario consiste nella prestazione di una rendita vitalizia a favore del donante; “l’aleatorietà” nel “Contratto di Mantenimento” che va valutata al momento della conclusione del contratto, essendo lo stesso caratterizzato dall’incertezza obiettiva iniziale in ordine alla durata di vita del vitaliziato e al rapporto tra il valore complessivo delle prestazioni dovute dal vitaliziante, legate alle esigenze assistenziali del vitaliziato, ed il valore del cespite patrimoniale ceduto in corrispettivo del vitalizio. Va inoltre considerato che il bene trasferito con il “Contratto di Mantenimento” non rientra nell’asse ereditario trattandosi di acquisto oneroso, mentre il bene oggetto di “Donazione Modale” rientra nel calcolo della quota riservata ai legittimari, e potrebbe essere soggetto all’azione di riduzione da parte dei legittimari
lesi nella quota di legittima.

Prestito ipotecario vitalizio
La ratio del prestito ipotecario vitalizio è chiara: da una parte aiutare i pensionati ad avere una vecchiaia più dignitosa a fronte di un calo delle pensioni e soprattutto del loro valore economico, dall’altra non alterare il già delicato equilibrio finanziario-bancario attraverso la concessione di prestiti poco garantiti vista l’età avanzata dei debitori. E per tutelare questi interessi sociali di così rilevante importanza, il legislatore è arrivato a toccare uno dei principi più saldi e fermi del nostro ordinamento: il divieto di patto commissorio. Un soggetto che abbia già compiuto il sessantesimo anno di età potrà rivolgersi ad una Banca per ottenere un
finanziamento a medio e lungo termine garantito da un’ipoteca sull’immobile di cui il soggetto finanziato è proprietario. Il finanziamento può arrivare fino ad un 25% del valore dell’immobile ed il soggetto finanziato può decidere se restituire a rate quanto ricevuto, pagare solo interessi, o addirittura non pagare alcuna
somma. Il prestito vitalizio ipotecario decade al verificarsi di determinati accadimenti:
1) al momento della morte del soggetto finanziato;
2) qualora vengano trasferiti, in tutto o in parte, la proprietà o altri diritti reali o di godimento sull’immobile dato in garanzia;
3) si compiano atti che ne riducano significativamente il valore, inclusa la costituzione di diritti reali di garanzia in favore di terzi che vadano a gravare sull’immobile.
Alla morte del soggetto finanziato, gli eredi potranno decidere se pagare il debito ancora in essere (capitale, interessi e spese accessorie) oppure se rinunciare alla proprietà dell’immobile, che potrà essere venduto dalla banca creditizia la quale tratterrà le somme dovute e liquiderà agli eredi le restanti somme.

Altre opportunità da sfruttare
– Il cambio di destinazione d’uso da commerciale ad abitativo: come convertire negozi e laboratori in autorimesse o loft abitabili.
– La detraibilità della parcella notarile per i contratti di mutuo: una detrazione d’imposta del 19% sui mutui fondiari ed ipotecari.
– Una alternativa alle donazioni per non pagare l’IMU sulle seconde case: la costituzione a titolo gratuito del diritto di usufrutto o del diritto di abitazione in capo a figli o nipoti.
– Il “Dopo di noi”: la gestione del patrimonio quale opportunità per “prendersi cura” dei disabili gravi anche quando noi non ci saremo più.