in primis c’è da fare una premessa : La caldaia e gli apparati connessi, comprese le condutture, sono quindi di proprietà comune fino al punto di diramazione ai tubi nelle singole unità immobiliari (da dove invece diventano di proprietà dei condomini).

Con la riforma del condominio entrata in vigore nel 2012, staccarsi dal riscaldamento centralizzato è più semplice rispetto al passato.

C’è una norma del codice civile (Art. 1118 cod. civ.) che attribuisce ad ogni condomino il diritto di distaccarsi dall’impianto centralizzato senza dover chiedere l’autorizzazione a nessuno, né al Comune, né all’amministratore di condominio, né all’assemblea. Secondo tale disposizione il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento a una sola condizione: purché dal suo distacco non derivino:

1 )Notevoli squilibri di funzionamento all’impianto centralizzato e/o
2) Aggravi di spesa per gli altri condomini. (chiaramente non può trattarsi del normale aggravio derivante dal fatto che uno dei condomini non concorrerà più alle spese generali poiché questo è scontato).

Devono sussistere entrambi i presupposti affinché il distacco sia illegittimo. Se dovesse risultare una di queste condizioni, anche un singolo condomino potrebbe farti causa per farti dismettere l’impianto autonomo.

La logica conseguenza è che se anche chi si distacca non deve chiedere l’autorizzazione all’amministratore, deve comunque comunicarglielo. E’buona norma, anche se non obbligatorio per legge, farsi predisporre, da un termotecnico abilitato, una perizia al fine di provare che non vi saranno squilibri o aggravi di costi. La perizia potrà essere inviata all’amministratore di condominio. Anche La delibera assembleare che, in presenza delle condizioni per il distacco, respinge il distacco è nulla per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune (Cass. 3 aprile 2012 n. 5331, Cass. 29 settembre 2011 n. 19893).

Facciamo presente che , il condomino con l’impianto autonomo resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma. Non solo. Ci sono da pagare anche i relativi consumi involontari rilevati lungo la rete di distribuzione, in applicazione della norma Uni 10200/2013 sulla ripartizione degli esborsi: la quota è il 25% stimato dal consulente tecnico d’ufficio da suddividere fra tutti i condomini sulla base delle tabelle millesimali. Si tratta delle normali dispersioni di calore che si verificano tra i tubi del riscaldamento e che, di fatto, vanno a beneficio di tutti gli appartamenti irradiando il calore anche negli appartamenti distaccatisi.

Ma cosa succede se il regolamento di condominio vieta il distacco dall’impianto centralizzato?
Una recente ordinanza della Cassazione ( Cass. ord. n. 28051/18 del 2.10.2018) ha stabilito che una tale clausola è illegittima e non va applicata in quanto lede un diritto assoluto del proprietario dell’appartamento (Per evidente contrasto con l’articolo 1118 del Codice civile e con gli interessi collettivi dettati dalla legge 10/91 e dal Dlgs 102/2014). La decisione prende così atto delle leggi sul risparmio energetico e archiviando le vecchie proibizioni contenute nei regolamenti.

Quindi, Se hai deciso di staccarsi dall’impianto condominiale puoi agire direttamente, chiamare la ditta installatrice, farti montare il nuovo impianto e comunicare all’amministratore, con una raccomandata a.r. o una posta elettronica certificata, che dal mese successivo non parteciperai più ai consumi collettivi essendoti dotato di un impianto autonomo.