Grazie al recepimento della direttiva europea 2019/944 sul mercato interno dell’energia elettrica, avviato in via preliminare dal Consiglio dei ministri agli inizi di agosto con uno schema di decreto legislativo, ora all’esame delle Camere, l’Italia mette mano al tema dei diritti contrattuali dei clienti che acquistano energia elettrica per ampliare le tutele e aumentare l’accuratezza e la comprensione delle bollette. Ecco quali sono le principali novità. Per vederne gli effetti, bisognerà però attendere un provvedimento ad hoc dell’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente (Arera) che sarà a chiamata a dare applicazione alle norme.
Il Dlg rafforza innanzitutto i diritti contrattuali dei clienti stabilendo che i consumatori dovranno ricevere dagli operatori di loro scelta informazioni chiare e comprensibili su tutta una serie di tasselli (dai servizi forniti alle tariffe vigenti, dalle condizioni di rinnovo e di cessazione del contratto alla gestione dei reclami). Il cliente finale, si legge nella bozza del provvedimento, deve ricevere, prima della conclusione del contratto, un documento informativo con una sintesi di tutti i suoi diritti contrattuali e deve ottenere dal fornitore una comunicazione chiara, comprensibile e tempestiva «dell’intenzione di modificare le condizioni contrattuali e della loro facoltà di recedere da l contratto».
In caso di adeguamento delle tariffe i clienti finali andranno informati in via diretta dei motivi dell’adeguamento «con un preavviso di almeno due settimane o almeno di un mese, qualora si tratta di clienti civili, rispetto alla data di applicazione del medesimo adeguamento». In questo caso, il cliente finale può recedere dal contratto, mediante lettera raccomandata o posta elettronica, anche ordinaria, «entro il termine indicato dal fornitore, comunque non inferiore a dieci giorni lavorativi, dal ricevimento della comunicazione» con l’annuncio dell’adeguamento.
Il decreto stabilisce poi che non si possono applicare «indebite discriminazioni» ai clienti finali per la scelta di un metodo di pagamento piuttosto che di un altro e che i clienti devono essere informati in modo adeguato dai fornitori anche sulle misure alternative alla disconnessione del servizio, «con sufficiente anticipo rispetto alla data prevista per l’interruzione della fornitura, comunque non inferiore a un mese». Le misure alternative possono consistere in fonti di sostegno, in sistemi di prepagamento, in audit energetici, in servizi di consulenza energetica, in piani di pagamento alternativi, in consulenze per la gestione dell’indebitamento e in moratorie e non comportano, in ogni caso, costi supplementari per i clienti interessati. Sarà l’Autorità, come detto, con uno o più atti da adottare entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto, a stabilire le misure per rendere effettivo l’ampliamento dei diritti a beneficio dei consumatori.
Il decreto legislativo stabilisce poi che le informazioni contenute nelle bollette devono essere chiare, comprensibili e di facile consultazione e, nel caso in cui il contratto di fornitura preveda variazioni dei prodotti e dei servizi offerti o del prezzo di fornitura, le modifiche dovranno essere ben evidenziate nella bolletta insieme alla data in cui scatta la variazione. Anche in questo caso sarà l’Arera a dar seguito al percorso anche predisponendo schemi tipo di bollette e informazioni di fatturazione.
In caso di cambio del fornitore il Consumatore ha diritto di cambiare senza discriminazione di costi, oneri e tempi, «nel più breve tempo possibile, e, comunque, entro un termine massimo di tre settimane dalla data di ricevimento della bolletta». Ma la novità è che l’Arera, entro un anno dall’entrata in vigore del decreto, dovrà avviare una consultazione degli operatori attivi sul mercato dell’energia e elettrica e delle associazioni dei consumatori per adottare misure che garantiscano «al più tardi a far data dal 1° gennaio 2026, il diritto dei clienti a cambiare fornitore entro 24 ore dalla richiesta».
Quanto al recesso, non è soggetto ad alcun onere se riguarda clienti civili o imprese che occupano meno di 50 dipendenti a tempo indeterminato e a termine e realizzano un fatturato o un bilancio non superiore a 10 milioni di euro. Il fornitore può imporre il pagamento di una somma di denaro in caso di recesso anticipato da un contratto di fornitura a tempo determinato o a prezzo fisso «a condizione che tale onere sia stato indicato, in maniera espressa, chiara e agevolmente comprensibile, tanto nel documento informativo comunicato prima della stipula del contratto quando nel contratto stesso e sia stato specificamente approvato e sottoscritto dal cliente».
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