Diversi fornitori di energia hanno aumentato i prezzi dell’energia nel periodo compreso tra Agosto 2022 e Giugno 2023 in violazione di quanto previsto dal Decreto Aiuti Bis. L’Antitrust, che controlla che le aziende non facciano concorrenza sleale o inganni, ha scoperto che 19 compagnie hanno fatto questo, di cui 6 fornitori hanno deciso di fare ricorso contro la decisione dell’Antitrust davanti ai giudici. Se i giudici decidono che l’Antitrust ha ragione, queste compagnie, oltre a vedersi confermate le sanzioni già comminate, potrebbero ritrovarsi a dover pagare più di un miliardo di euro ai clienti vittime di modifiche dei prezzi illegittimi. Questa somma è solo una stima iniziale e potrebbe essere anche maggiore, considerando che ci sono circa 9 milioni di consumatori coinvolti.
Il punto cardine della vicenda è la comunicazione di rinnovo/modifica e il relativo “quantum” delle tariffe. Per chi ricorderà anni fa, i fornitori potevano inserire le comunicazioni di variazione di prezzo direttamente nelle bollette, successivamente ciò fu vietato per un discorso di trasparenza e “leggibilità” dell’informazione, introducendo così una comunicazione separata.
Tale comunicazione deve essere inviata dai fornitori con un anticipo di almeno 3 mesi rispetto alla variazione, dove il periodo dei 3 mesi decorre dal primo giorno del mese successivo alla ricezione della lettera.
In una periodo di “pace energetica” nessuno si era preoccupato che questa comunicazione potesse essere inviata anche in forma semplice, quindi tramite email o posta ordinaria, non garantendo un’effettiva consegna. Mentre nell’ultimo anno si è assistito a prezzi di rinnovo veramente esagerati (con casi di aumento anche dell’800%!!!!).
A tali percentuali di incremento non si può permettere che la comunicazione si consideri ricevuta, salvo prova contraria, trascorsi 10 giorni dall’invio. Qui, a nostro avviso, entra in gioco il principio di buona fede. Il principio di buona fede è un cardine fondamentale del diritto civile italiano, il quale implica onestà, correttezza e lealtà nelle azioni e nelle intenzioni delle parti coinvolte in un accordo o in un contratto.
La riflessione che sorge spontanea “chi avrebbe accettato condizioni in aumento del 200/400/800% se solo ne fosse venuto effettivamente a conoscenza? In secondo punto si potrebbe considerare anche la posizione dominante delle società coinvolte nel settore utility, ai quali sarebbe vietato imporre direttamente o indirettamente prezzi di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose.
Ecco perché secondo noi il 17 Luglio il Tar e il Consiglio di Stato dovrebbero confermare le sanzioni e concedere la possibilità ai consumatori di essere rimborsati, andando ben oltre di quelli che sono gli aspetti dell’ormai famoso art. 3 del Decreto Aiuti bis.
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